
Il gioco del jazz di Giovanni Sollima e Ernst Reijseger
Martedì 18 febbraio scorso, settimo appuntamento della rassegna Adelante, organizzata dalla associazione “Nel gioco del Jazz” del direttore artistico Roberto Ottaviano, noto sassofonista barese. Ed anche stavolta è lui ad aprire e presentare la serata. Davanti ad un folto pubblico, si siede sugli scalini di accesso frontale al palcoscenico e introduce i violoncellisti Giovanni Sollima e Ernest Reijseger. Essi provengono da background musicali solo apparentemente distanti, più classico quello di Sollima, più jazzistico e sperimentale quello di Reijseger; infatti, sarà proprio questo concerto a mostrare quanto i rispettivi territori siano inaspettatamente sovrapposti; ognuno esplora gli stilemi dell’altro sin dal loro primo incontro nel 2008 in occasione della rassegna “I Suoni delle Dolomiti”, lo spettacolare festival di musica in quota sulla catena montuosa del Trentino.

Free Radiohead, l’arcipelago sonoro di Paolo Angeli
Il sipario è aperto. Il palcoscenico è un mare oscuro e profondo al cui centro sta lì ferma, illuminata dall’alto, la postazione di Angeli. Nel mezzo, una strana chitarra color acero è poggiata su una seduta. Intorno, come in un primo cerchio, un’asta e un microfono da un lato, e un tavolino basso con delle apparecchiature dall’altro. Più intorno, come in un secondo cerchio, due casse monitor sono gli argini che delimitano il tappeto del chitarrista dalla oscurità circostante del palcoscenico. Quella postazione è come un’isola: quella postazione è la Sardegna. Forse l’isola più isola di ogni altra isola. Sfruttata e suo modo intatta. Terra mondana e nello stesso tempo aspra, schiva, resistiva, onorata, diffidente e disponibile, silenziosa, come un saggio che osserva e protegge ciò che ha nel suo profondo. Terra d’altri tempi che vive rispettando i sui tempi, rispettosa e difensiva dello spirito antico, culturale, tradizionale che la attraversa da secoli e che trova nella suo dialetto il più vivo “fossile” linguistico del mediterraneo.

Musica tridimensionale e segreti riflessi col Kekko Fornarelli Trio
Il 21 dicembre scorso si è conclusa al Teatro Forma di Bari, la tournee autunnale del pianista Kekko Fornarelli con il suo trio formato da Dario Congedo alla batteria e Federico Pecorare al basso elettrico. Il concerto è incentrato sull’ultimo album “Abaton”, lavoro che ha ospitato l’orchestra Artemisia, un ensemble d’archi di quindici musiciste scritti e diretti dal violinista m° Leo Gadaleta. Già nel foyer si percepisce che l’evento è piacevolmente mondano, frizzante, c’è aria d’attesa; in questa atmosfera da vigilia anticipata, si incontrano amici e conoscenti in altrettanta trepidazione. L’aspettativa è alta: Fornarelli è ottimo musicista, circondato da ottimi musicisti e questa volta l’inclusione degli archi aprirà orizzonti timbrici nuovi ed entusiasmanti per il Kekko Fornarelli Trio. Il gruppo proviene da una impegnativa tournee di presentazione di “Abaton”, che li ha visti suonare in Spagna, Romania, Germania.

Il commissario Montalbano – Visioni in musica
Reportage del concerto dell’8 settembre 2019 in Piazzetta della Torre a Torre a Mare (Bari). Riprendendo dal libretto di sala: “Il Commissario Montalbano, le partiture originali (visioni in musica)” è il concerto che annuncia il Premio Rota. Questo appuntamento, concepito in forma di premio, nasce come omaggio al grande compositore Nino Rota, per anni anima illustre del conservatorio Niccolò Piccinni di Bari, e residente proprio a Torre a Mare. Il premio si svilupperà nella primavera del 2020 […]. Il focus sarà sul cinema italiano, con uno sguardo intenso alla musica delle serie televisive, facendo particolare attenzione ad una generazione di giovani compositori […] con un’idea di musica per le immagini particolarmente innovativa. Il concerto delle partiture originali de Il Commissario Montalbano […]rappresenta tutte le ragioni che sono alla base di questo premio.”

Spellbinder
Basil Poledouris non è certo un compositore che ha bisogno di presentazioni, ma per il neofita delle colonne sonore occorrerà ricordare alcune sue composizioni per film che sono diventate pietre miliari della cinematografia statunitense e non solo. A partire da metà anni ‘60, il compositore di origine greca scomparso nel 2006, ha scritto oltre cento musiche per film, collaborando con numerosi registi tra i quali, per essere vergognosamente concisi, Paul Verhoeven per la score diRobocop (1987) e John Milius per la OST di Conan il barbaro (1982). Bastino questi esempi per comprendere la tipologia di scrittura di Poledouris in cui sono predominanti azione e atmosfera epica dalle sonorità sinfoniche. Ciononostante, accanto alla pressione dei fiati, alla incisività delle percussioni, alla pienezza vocale dei cori e alle dinamiche fortissimo, non mancano in generale nelle sue composizioni suggestioni di passaggi morbidi e leggeri che fanno entrare l’ascoltatore (e lo spettatore) in ambienti sonori sognanti e rarefatti.

Milano odia, la polizia non può sparare
Ogni colonna sonora è come l’atmosfera che circonda un pianeta fatto di immagini e storie; insieme costituiscono un sistema di scambio continuo, perfetto, finito, autosufficiente: ne nasce un mondo. A volta capita che siffatti mondi, motivati da qualche affinità, si avvicinino tra loro, entrino in contatto e si impregnino l’uno dell’altro, quasi passandosi un testimone che va avanti nel tempo, come se si trattasse di una qualche verità condivisa, superiore, convincente.

Una mia distrazione +2 di Cesare Malfatti
Un disco coerente quello di Malfatti, curato in ogni dettaglio. Coerente in tutto, dallo stile del canto all’atmosfera generale; il primo brano indica la cifra stilistica di tutto il lavoro, ovvero quello di un raffinatissimo cantautorato pop dalle meste atmosfere acustiche cui stavolta è stato fatto indossare l’abito sonoro del jazz, soprattutto grazie all’onnipresente e preponderante pianoforte di Antonio Zambrini, che lascia la sua impronta fino all’ultimo brano.
Un disco che per la verità si apprezza soprattutto da un secondo ascolto in poi, quando, metabolizzato il bisogno jazzistico, viene maggiormente fuori il tessuto armonico della scrittura e le melodie nascoste, mai apertamente liberate della vocalità di Malfatti, sempre contenuta, intima, mai urlata e tantomeno sfogata, ma sempre pacata, controllata e trattenuta.

Alice
Il film Alice costituisce il debutto registico di Oreste Crisostomi. Pellicola mediocre. Si dimentica prima che sia finito. Annoia. Mi spiace, ma è un brutto film, che sarebbe già un eufemismo definirlo leggero. Ciononostante, la sua colonna sonora è stata, come a volte per fortuna accade, una piacevolissima sorpresa: Alessandro De Florio è musicista raffinato, colto, mai banale, alla ricerca di dettagli sonori e soluzioni musicali che vanno ben oltre le ipotetiche richieste registiche o narrative. Questo lo si comprende dalla quantità di raffinatezze che si perdono in accoppiamente al fotografico, e che sono apprezzabili esclusivamente dalla fruizione della sola colonna sonora.

Le difese – Vessel
L’apparente semplicità di questo disco è fuorviante, gli arrangiamenti si distendono lenti e pensosi come lunghe pennellate, pennellate di violini sovraincisi, voci lievi armonizzate e non. A proprosito, si tratta di vocalità sottili e cori quasi sonnolenti.
Il mondo acustico di questo lavoro è al tempo stesso profondo e immediato, quasi impone uno stato d’animo nel quale immergersi come in un mare caldo, in cui lasciarsi trasportare dalle chitarre acustiche e dai violini, sempre presenti in ogni brano. E forse è proprio grazie a queste atmosfere che Corrado Nuccini e Emanuele Reverberi tradiscono un’aspirazione da colonna sonora, che non solo è un complimento, ma dà la possibilità di asserire che l’aspirazione è perfettamente riuscita.

Faccio un salto all’Avana
Faccio un salto all’Avana, come già nel titolo, è una commedia di Dario Baldi di qualche anno fa, con Enrico Brignano e Francesco Pannofino. Film divertente, ambientato per la maggior parte a Cuba, e con un intreccio sufficientemente classico, con aspirazioni da botteghino. La colonna sonora di questo film è stata composta da Alessandro Forti, pianista, e Francesco De Luca, chitarrista, coppia fissa di compositori rome-based, abbastanza attiva nel panorama del cinema, della televisione e del teatro italiani. Il loro lavoro è costruito su una strumentazione semplice e maneggevole, una piccola orchestra con sezione ritmica, in cui sono efficacemente inseriti percussioni e fiati in perfetto stile cubano. Infatti, una buona parte delle composizioni ha il sapore centramericano che geolocalizza musicalmente l’azione scenica, e ricalca pienamente le caratteristiche del film, ovvero commedia senza grosse pretese.
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