antonio
La musica mi ha attraversato presto grazie ai vinili di papà, soprattutto colonne sonore e musical, che mettevo in continuazione sul giradischi dall’età di cinque anni circa. In poco tempo imparai a memoria lati A e lati B di tutta la discoteca disponibile in casa, tra cui Eumir Deodato, Burt Bacharach, Incredible Bongo Band, Jesus Christ Superstar, Shaft, Mother Father Sister Brother, West Side Story, Love Unlimited Orchestra, e una intera raccolta di colonne sonore di film anni ’70 d’ogni genere, italiani e stranieri.
Da allora sono passati parecchi lustri durante i quali, seguendo bendato imperscrutabili rotte, ho navigato diversi mari: il chitarrista ovunque in tournèe con The Quarrymen, Teclo, con l’Orchestra Città Metropolitana di Bari e quella della Magna Grecia; l’attore al cinema in “Tutto l’amore che c’è” del Rubini regista; il compositore di colonne sonore per film, corti, documentari, spot, teatro e mostre (durante il corso di musica per film alla Accademia Musicale Chigiana di Siena confessai al mio insegnante m° Luis Bacalov di essere un rockettaro, e lui serio rispose “Lei è avvantaggiato”).
E poi il docente di workshop di musica applicata allo IED Arti Visive di Roma; l’autore di reportage e recensioni per barilive.it, colonnesonore.net, losthighways.it e bonculture.it; il cultore della materia per gli insegnamenti di filosofia teoretica alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bari. Forse ho un solo rimpianto: avrei voluto suonare il violoncello.
A volte il notturno mare dei dubbi comincia a incresparsi, poi a gonfiarsi. Allora trovo salvezza imbarcandomi e remando su queste due “scialuppe” lette una volta da qualche parte:
Music brings light into darkness.
Good music always solves somebody’s problem.
Recentemente, ascoltando in tv queste parole di Ezio Bosso, mi sono dotato della terza “scialuppa”:
La musica costituisce un comparto economico notevole, dà lavoro a organizzatori, fonici, tecnici d’ogni tipo, allestitori, service, ticketing etc etc; ma, prima ancora, essa è un servizio socioculturale, un coadiuvante sociale, è un comparto produttivo e ciò che produce è benessere.
Con tutte queste parole nel petto, e continuando a remare, rivolgo infine il cuore a loro, ai dischi di papà che ascoltavo da bambino e che inconsapevolmente, come una stella polare, mi hanno guidato finora e fin qui, con qualche inevitabile burrasca, ma ancora sano e salvo.
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