
Free Radiohead, l’arcipelago sonoro di Paolo Angeli
Il sipario è aperto. Il palcoscenico è un mare oscuro e profondo al cui centro sta lì ferma, illuminata dall’alto, la postazione di Angeli. Nel mezzo, una strana chitarra color acero è poggiata su una seduta. Intorno, come in un primo cerchio, un’asta e un microfono da un lato, e un tavolino basso con delle apparecchiature dall’altro. Più intorno, come in un secondo cerchio, due casse monitor sono gli argini che delimitano il tappeto del chitarrista dalla oscurità circostante del palcoscenico. Quella postazione è come un’isola: quella postazione è la Sardegna. Forse l’isola più isola di ogni altra isola. Sfruttata e suo modo intatta. Terra mondana e nello stesso tempo aspra, schiva, resistiva, onorata, diffidente e disponibile, silenziosa, come un saggio che osserva e protegge ciò che ha nel suo profondo. Terra d’altri tempi che vive rispettando i sui tempi, rispettosa e difensiva dello spirito antico, culturale, tradizionale che la attraversa da secoli e che trova nella suo dialetto il più vivo “fossile” linguistico del mediterraneo.
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